Le erbe spontanee da raccogliere in montagna: quali sono le principali e come usarle

Per molto tempo “andare per erbe” ha significato raccogliere piante che crescevano spontaneamente nei prati, nei boschi, lungo i fossati, entrando in contatto con una biodiversità selvatica che con l’arrivo dell’urbanizzazione e l’uso massivo di pesticidi si è ridotta, oltre a subire i danni provocati dall’inquinamento dell’aria e delle acque. Il foraging, però, è una pratica di approvvigionamento del cibo millenaria che da qualche anno è tornata in auge per diversi motivi, primi fra tutti la valorizzazione del territorio e il minor spreco alimentare, tanto che anche nelle città si sono organizzati movimenti di urban foraging per consumare in modo consapevole frutti e vegetali che crescono nei grandi centri abitati. In più, nelle cucine stellate (ma non solo) usare erbe, radici, bacche, cortecce, muschi e fiori è diventato piuttosto comune, a partire dallo chef René Redzepi, pioniere della New Nordic Cuisine, che ha messo al centro del piatto solo ingredienti iper locali, catturando la curiosità del grande pubblico, oltre a diventare un punto di riferimento per moltissimi giovani cuochi.

Senza andare nel Nord Europa, una cucina che ha sempre mantenuto privilegiata la sua connessione con la natura è quella di montagna: qui, le erbe selvatiche non sono mai mancate, così come il foraging non è mai scomparso. Raccoglitori, è bene saperlo, non ci si improvvisa: bisogna saper riconoscere la flora commestibile per evitare avvelenamenti con conseguenze più o meno gravi e rispettare la normativa, proprio come si fa con i funghi. Detto questo, vediamo quali erbe si possono trovare e come usarle.

1. Tarassaco

Partiamo con una pianta erbacea che non è solo prerogativa della montagna, dove però viene utilizzata più che in pianura. Si tratta del tarassaco, conosciuto anche come dente di leone o soffione: ha un lungo stelo, le foglie dentellate e il fiore giallo brillante. Viene impiegato sia dal punto di vista officinale in tisane (specialmente le radici), date le sue proprietà diuretiche, digestive e antinfiammatorie, sia in cucina. I fiori freschi o essiccati diventano delle graziose e dolci guarnizioni, mentre le foglie, amarognole, sono le protagoniste assolute di un grande classico, la frittata, altrimenti si rivelano ottime in padella con un po’ di olio, aglio e peperoncino.

LEGGI ANCHE
Erbe aromatiche primaverili ed estive: quali sono e come usarle in cucina
2. Bruscandoli

Una volta molto diffuso anche in campagna, lungo le strade secondarie, adesso il luppolo selvatico è più facile da trovare in alto senza superare i 1200 metri. Tipico del Nord d’Italia (in Piemonte è luvertin), se ne mangiano i germogli, chiamati bruscandoli, all’interno di preparazioni tipiche della cucina contadina come frittate, risotti, bruschette. Il sapore è amarognolo, mentre l’aspetto delle cime, di colore verde-rossastro, ricorda quello dell’asparago, tanto che in Lombardia si identificano come asparagina selvatica. Il luppolo è ricco di acqua, fibre e sali minerali, è depurativo, digestivo e antiossidante.

3. Sambuco

vedere il seguito alla pagina successiva

Leave a Comment