Non servirebbe neppure precisarlo: la moka è molto più di un semplice strumento per preparare il caffè. È un oggetto di culto, un’icona di design da esporre al MoMa di New York, un’invenzione rivoluzionaria, un simbolo dell’identità italiana che scandisce il risveglio di milioni di persone, generazione dopo generazione. Si riconosce a occhi chiusi il suo inconfondibile gorgoglio, così come l’aroma di caffè appena pronto che sprigiona: la moka è protagonista di un rituale che si ripete da decenni (quasi un secolo, se prendiamo in considerazione l’anno del debutto della sua produzione, il 1933) occupando un posto d’onore nella cultura gastronomica domestica made in Italy. Ma perché si chiama così? E come è nata? Andiamo alla scoperta delle sue origini e della sua storia.
Perché la moka si chiama così? Tutto ruota attorno al caffè
Conosciamo la famosa caffettiera con il semplice appellativo di “moka”, diventato ormai familiare, ma probabilmente è meno noto che il nome completo datole da Alfonso Bialetti, il suo ideatore, era Moka Express, unendo due termini che riportano subito all’universo del caffè. Il primo, infatti, prende ispirazione da Mokha, città dello Yemen posta sulle coste del Mar Rosso che tra il XV e il XVII secolo fu uno dei principali centri di esportazione del caffè nel mondo, tanto da definire anche una pregiata qualità di varietà arabica proveniente da quella regione. Il secondo termine, invece, si collega al caffè espresso, comparso alla fine dell’800 e che nel corso dei primi anni del Novecento aveva conquistato gli italiani, che lo consumavano esclusivamente al bar. L’idea di Bialetti, quindi, era quella di portare la stessa gratificante esperienza all’interno delle mura della propria abitazione, senza dover uscire di casa.
Origini e storia della moka: un oggetto intramontabile